Il divieto, previsto dall'art. 1, c. 910 e ss. L. 205/2017 riguarda tutte le tipologie contrattuali di lavoro subordinato, indipendentemente dalla tipologia di rapporto intrattenuto (contratto a termine, apprendistato, contratto a tempo indeterminato, ecc.). Tale obbligo coinvolge non solo i datori di lavoro, ma anche committenti e cooperative: pertanto non potranno essere pagati più in contanti nemmeno le collaborazioni coordinate e continuative e i soci di cooperativa, restano escluse dall'applicazione le sole Pubbliche Amministrazioni e il lavoro domestico.
Chi continuerà a pagare le retribuzioni e/o i compensi in contanti sarà punibile con una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro. La sanzione, se versata nel termine di 60 giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione della violazione, potrà essere ridotta all’importo inferiore tra il doppio del minimo e il terzo del massimo e pertanto sarà pari a euro 1.666,67.
La disposizione parla solo di impossibilità di pagare la retribuzione in contanti e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con circolare n. 2/2018, non declina altra definizione: pertanto, si dovrebbero ritenere erogabili in contante forme di spese anticipate per conto del datore di lavoro in caso di trasferta del lavoratore. L’anticipo di cassa per future spese rimborsabili, infatti, non può essere assimilato al concetto di retribuzione, né a quello di anticipo.
Come già anticipato la nuova disposizione prevede il pagamento della retribuzione e dell’eventuale anticipazione attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:
- a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
- b) strumenti di pagamento elettronico;
- c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o in caso di comprovato impedimento, a un suo delegato.
ATTENZIONE: l’INL, con nota 22.05.2018, n. 4538, ha esteso la disciplina anche al caso in cui, nonostante l’utilizzo dei sistemi di pagamento corretti, il versamento delle somme dovute non sia stato realmente effettuato, per esempio in caso di revoca del bonifico. L’impatto della disposizione può essere rivolto anche ai pagamenti in fase di accordi conciliativi in cui, anche a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, si dovrà saldare l'intera retribuzione. Ne resteranno escluse solo somme non identificabili sotto la veste di retribuzione: incentivi all’esodo, transazioni novative o semplici, rimborso spese e qualsiasi somma erogata a titolo di risarcimento danni. Resta importante per il datore di lavoro o per il committente fare attenzione a tracciare qualsiasi somma erogata in contante ai propri lavoratori, in modo da verificare il corretto adempimento della norma.